INTERVISTE SULL’ARTISTA

INTERVISTE SULL'ARTISTA

OLIVIERO TOSCANI

VITTORIO SGARBI E EMMANUELE F.M. EMANUELE

TRASCRIZIONE INTERVENTI SGARBI E EMANUELE
INAUGURAZIONE MOSTRA PALAZZO DELLE ESPOSIZIONI 2012

Nel discorso introduttivo all’inaugurazione della mostra il 28 maggio, sono intervenuti il Presidente dell’Azienda Speciale Palaexpo nonché Presidente della Fondazione Roma, il Prof. Avv. Emmanuele F.M. Emanuele, e il Prof. Vittorio Sgarbi.
 
Il Prof. Emanuele ha dichiarato:
 
“Sono molto felice di inaugurare questa bellissima mostra di Centonze, un pittore che da tempo immemore sostengo, convinto come sono che è una delle realtà, non più una promessa, delle arti visive del nostro Paese e non soltanto, come mi auguro sinceramente. È vincitore, tra l’altro, del “Premio Speciale Fondazione Roma” e soprattutto ha il grande pregio e merito di avere come sostenitore il numero uno del nostro Paese che è Vittorio Sgarbi. Quando Vittorio Sgarbi si convince e adotta un artista vuol dire che quello ha sicuramente un futuro.
 
Centonze rappresenta una grande potenzialità per la sua capacità espressiva. Questo suo proporre modelli costantemente differenziati, questo suo essere non un maniacale riproduttore di se stesso o della sua intuizione è indubbiamente una testimonianza del suo valore, del quale io sono  fermamente  convinto. Ho voluto fortemente questa mostra nello Spazio Fontana del Palazzo delle Esposizioni, che è il tempio dell’arte contemporanea in Italia e soprattutto a Roma. Sono certo che Centonze ha tutte le potenzialità per essere, nel tempo, uno dei grandi artisti del nostro Paese.”

 
 
Il Prof. Vittorio Sgarbi ha dichiarato:
 
“I soggetti prediletti di Centonze sono, a dimostrazione della profonda religiosità umana e dei sentimenti che albergano nel suo animo, i suoi parenti. Lui è “il pittore degli affetti”: dipinge il padre, la madre, le sorelle, gli amici, i cugini in un percorso che si può vedere all’esterno della Sala Fontana del Palazzo delle Esposizioni.
 
All’interno della stessa sala, all’opposto delle figure e degli affetti che motivano la pittura, ci sono dei magazzini o capannoni pieni di immondizia. Sente la necessità di muoversi in un ambito che sia quello di uno spazio della mente, che è uno spazio vuoto pieno di immondizia che però diventa pure colore, al fine di esprimere una pittura informale nella sostanza e fortemente materica, però di spazio riconoscibile: si vedono spazi, si vedono le luci, si vede che siamo in una stanza anche se alla fine i quadri aspirano ad essere informali ma si fermano un attimo prima proprio per questa dimensione prospettica. In questa ricerca c’è il piacere erotico, fisico, del colore come energia pura che rende molto interessante questa serie.
 
Quasi una serie diabolica delle ninfee di Monet. Monet aveva immaginato una dimensione celeste e la sua è una dimensione infernale. In questo inferno però si immagina una dimensione ascetica come quella che indicano grandi poeti mistici come Juan de la Cruz e cioè dal buio, dalla stanza più buia e più nera, gli occhi si esercitano per vedere quella luce che diventerà poi il richiamo alla luce divina. Quindi c’è un inoltrarsi negli abissi per  poi risalirne. L’idea di questa immondizia, di questi luoghi cupi da cui poi balugina la luce del fondo indica una volontà di intendere queste opere come preghiere, come lunghe preghiere, di un’ascesi verso una presenza spirituale che è dentro di lui. Quindi sono opere che hanno una modernità espressiva ed insieme una densità spirituale che corrisponde all’anima di Centonze.
 
Questi sono esordi importanti e cospicui. Io sono venuto qui e lo ho assistito come un padre sia rispetto alle funzioni critiche sia anche, ne sono molto orgoglioso, con questo bell’allestimento, molto rarefatto in questo spazio del Palazzo delle Esposizioni. Un’esperienza già ricca di un ragazzo giovanissimo, con un’esuberanza creativa già sufficientemente espressa in questa bellissima serie degli  spazi dei capannoni”.

Intervista rilasciata dal Prof. Avv. Emmanuele F.M. Emanuele in occasione del conferimento del Premio Speciale Fondazione Roma all’artista Mimmo Centonze per l’opera “Capannone”

Per quanto attiene al Premio Speciale Fondazione Roma, sono molto contento che sia stato dato ad un artista giovane, di grande talento, che ha già mostrato la sua validità propositiva sia con una bellissima mostra che ha fatto a Spoleto, promossa dall’Onorevole Vittorio Sgarbi, sia con la sua presenza ad una mostra altrettanto importante a Salemi. Per quanto mi riguarda la scelta è caduta su di lui perché io sono un suo convinto estimatore, avendo avuto modo di apprezzarne il percorso culturale e la capacità di prospettare un mondo armonioso, vivificato da una luce eccezionale e da una plasticità rilevante.

L’opera si commenta da sé perché è una delle opere più belle della rassegna per la sua vitalità, per la sua cromaticità, per la sua forza espressiva, per il pathos che trasferisce e anche perché io ravviso in questa opera una componente sociale molte forte: l’altiforno, le strutture che meglio di ogni altro posto sono esposte in questo contesto - Museo Centrale Montemartini - sono a testimoniare che questo paese, questa nostra nazione tuttavia, nonostante questo declino attuale, è nata e si è forgiata soprattutto grazie al grande impegno degli opifici, del mondo del lavoro e di coloro i quali hanno speso tempo e volontà per farla diventare grande. Centonze interpreta magistralmente questa capacità progettuale. Io lo considero uno degli artisti potenzialmente più brillanti della nuova generazione.

Ha vinto meritatamente il Premio Speciale Fondazione Roma e nell’ambito oramai delle mie plurime attività avrà una mostra a lui dedicata allo spazio Fontana del Palazzo delle Esposizioni che, come credo sia noto, è diventato lo spazio emblematico per la visualizzazione delle opere dei giovani artisti, quale lui è. È quindi una conferma ulteriore della stima mia, e non soltanto, per la sua opera.

Per me l’opera è la più bella tant’è che ha avuto il Premio Speciale Fondazione Roma. Per quanto mi riguarda in essa io ho trovato quella aspettativa sociale del lavoro, del nostro mondo alacre degli anni che furono, che è testimoniato da questo opificio nel quale appunto si fondono i materiali che divengono, attraverso l’opera di fusione, un’altra caratterizzazione. Questa è la mia intuizione e perché l’ho premiato.

Lui è il Rembrandt degli opifici, è il Rembrandt dell’imprenditoria industriale, è un Rembrandt indipendentemente dal resto.

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