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Ci sono momenti della storia, in cui l’anima si sente oppressa insieme al corpo, nell’impossibilità di vivere il proprio metamorfico teatro.
Noemi che vive in un tumulto di emozioni, di personaggi, di teatri e scenari del set del cinema, vuole tuttavia essere persona aderente a se stessa, identica secondo il principio socratico “conosci te stesso”.
Ecco che l’artista deve “essere” la propria opera d’arte. È una questione ontologica. Ne va della propria identità, nel tempo e nelle forme che mutano.
Nella pandemia, costretti tra le nostre mura, abbiamo vissuto la possibilità di un ritorno a noi stessi.
Noemi, da artista e attrice, se ne è fatta interprete: scandagliare il fondo di una sorta di momento “zero” del mondo intero, offeso dalla pandemia.
Unire chi sente che le profondità umane sono insondabili, mutevoli, decostruibili, scomponibili, eppure sempre une, come la luce e silenti come il buio.
“Sentire” l’opera: al fondo del tempo, nel silenzio.
Questo percorso di fotografia d’arte è come affrontare un viaggio senza viaggiare, nel tentativo di guardare al futuro da una dimensione che appare senza tempo.
L’opera sussiste indipendentemente da ciò che possiamo scriverne. L’opera parla come icona, tuttavia è interessante poter tentare di trovare una mediazione, tra il suo puro apparire e la possibilità di decodificarla attraverso la parola.
Il suono o la parola, prende corpo nel silenzio, prende corpo… in Noemi che pensa e posa.
Pisa - Officine Garibaldi - dal 22 Settembre 2020