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IL PROFUMO DELLA PITTURA VERSO LA TRASFIGURAZIONE
Silvestro Pistolesi racconta quanto fosse attratto fin da ragazzo dalla bellezza delle opere d’arte nei musei che visitava col padre, anch’egli pittore: “Quando andavamo in campagna portava sempre la sua cassettina piena di colori e di alto sentimento. Nel mio cuore lo invidiavo amorosamente sperando di fare il pittore”. In effetti nel suo cuore sentiva il profumo dell’amore per l’arte che quando “ti riempie il cuore non puoi più farne a meno. Lo cerchi ovunque a qualsiasi costo. S’impadronisce di te e non ti lascia più libero”. I sensi vengono coinvolti nel gioco di una danza sul terreno dell’immaginazione che cerca di farsi corpo. La sua opera nasce in effetti da una sensibilità speciale per i colori della natura che suscitano emozioni e conducono l’anima ad immergersi nella freschezza del mondo, con la semplicità dell’intuizione, ma con la luce metafisica della trasfigurazione. Allo sguardo puro sul mondo si unisce l’immersione nell’abisso misterioso dell’essere, del mysterium tremendum che si percepisce alla soglia del sacro. La vita è allegria, leggerezza, gioia, ma anche carico d’impegno, compito, indagine profonda. La vita è viaggio attraverso la bellezza dei paesaggi mozzafiato che il colore cosmico ci offre, ma anche viaggio nell’interiorità che unicamente ci permette di cogliere l’afflato dell’universo. Il tema dell’errare è un tema caro all’artista che viaggia attraverso i secoli entrando nelle pietre dei monasteri, nei nascondigli delle foreste, nelle radure dove avvengono incontri con esseri di luce, con creature oniriche, con angeli e demoni. Nelle opere spesso compare un eremita con la lanterna ad indicare la via, spesso insidiosa, non facile da rischiarare per gli oscuri sentieri. Il pittore racconta il mistero umano che pur con le sue miserie e ingiurie degli anni, tenta misteriosamente di essere pontifex, di rintracciare nella terra la possibilità di giungere al cielo, osservando nella natura e nella vita dell’uomo la traccia del divino. Tutta la sua vena artistica è pervasa da questo anelito, con una tensione che è mistica altrettanto che terrena. Come San Tommaso d’Aquino indicava le vie dalla natura al sacro, così Pistolesi racconta con velature degne di Rembrandt, la luce che sottrae le cose del mondo all’oscurità. Tra ombre marcate e velate sfumature di luce, viene raccontato l’umano nel suo antico percorso che è costantemente contemporaneo.
IL PITTORE CONTEMPORANEO
Risale al 1972 la sua prima personale alla Arts Unlimited Gallery di Londra, dove si avvertono prodomi di una lunga serie di successi: seguono numerose mostre in Italia e all’estero. Contemporanea è in effetti la pittura di Pistolesi che si immerge nelle ombre dei grandi maestri, all’ombra del divino nell’arte contemporanea come direbbe Vittorio Sgarbi. Racconta i grandi temi dell’umanità, dalla religione, alla vita quotidiana, al paesaggio, ai volti che ritrae, cogliendo in ogni persona l’eco della propria anima. Solo nel silenzio c’è posto per un eco che risuona in modo impercettibile, dove si coglie quel “sublime” che un Anonimo definì “eco di un alto sentire”. Nelle sue tele, nei suoi affreschi, c’è il dramma dell’uomo moderno smarrito, come l’uomo folle di Nietzsche che cerca Dio con la lanterna, c’è il viandante che entra silenzioso nel dolore, cercando una pura luce dove risplenda pane e vino, per dirla con Trakl, poeta caro a Martin Heidegger. I sentieri si interrompono nella radura heideggeriana dove giunge una misteriosa luce che non è del sole, ma è qualcosa di più. La luce dell’Essere che giunge misteriosamente al cuore dell’uomo.
I VOLTI CONTEMPORANEI
I volti che dipinge non sono mai i volti caduchi e accidentali delle persone che ritrae. Alla ricerca della forma luminosa, trasfigura i volti con una luce che non sembra essere di questo mondo. Luce che solo chi vive nella dimensione mediana tra cielo e terra può cogliere. Con buona pace dei committenti, che non verranno mai appiattiti sulla loro contingenza e neppure sul loro carattere estemporaneo. Perché in ogni volto il maestro vedrà quella luce che chi guarda soltanto per terra non può vedere. Vedrà la storia di un uomo che si intreccia con quella di miliardi di altri uomini che s’intreccia con quella del divino. In un gioco di un silenzio in cui si bisbiglia “io so che tu sai che io so”, per citare la poetessa contemporanea Aura Christi. Il bisbiglio che non fa rumore, che non è l’urlo agghiacciante di Munch, che non è il colore esplosivo dei Brücke. È piuttosto qualcosa di simile ad un’inquieta compostezza che tende al sereno. Non c’è idealizzazione platonica rinascimentale, non c’è pieno realismo ottocentesco. C’è Silvestro Pistolesi, inconfondibile.
IL PITTORE DELLE ABBAZIE
Pistolesi è stato definito dal critico Giovanni Faccenda “impareggiabile pittore, ritrattista ed affreschista, ma anche ambasciatore di cultura, pace e fede. La sua opera è in effetti presente presso opere pubbliche, abbazie, ville e chiese, non solo in Italia ma anche all’estero. Possiamo definirlo “il pittore delle abbazie” per il percorso che ha svolto con grande successo nell’affrescare importanti edifici religiosi. Nel 1965 realizza la tela del “Sacro cuore” nell’ottocentesco Duomo di Pontedera. È la “Cena in Emmaus” il primo affresco che Silvestro Pistolesi esegue a soli ventitré anni nel Santuario di San Michele Arcangelo intitolato alla Madonna del Buon Consiglio. Sempre in questa chiesa ha affrescato “La vecchina”, di un realismo sorprendente, che raffigura un’anziana fedele nell’atto di entrare in chiesa. Nella chiesa di San Francesco a Montecatini realizza una serie di affreschi dove porta a termine un ciclo che inizia con la Crocifissione nel 1970 e prosegue con gli altri affreschi fino al 1990.
MONTECASSINO, LA VERNA, VALLOMBROSA
Realizza poi “La Cena in Emmaus” nel refettorio del Monastero dell’Abbazia di Montecassino nel 1993 e, nel corso degli anni, le tavole nella terza cappella della navata sinistra dell’Abbazia, “San Paolo che scrive le Lettere”, “San Pietro in carcere”, e la pala d’altare “L’incontro tra San Pietro e San Paolo”, realizzata nel 2010. Realizza affreschi nel Santuario della Verna ed il ciclo di venti lunette presso l’Abbazia di Vallombrosa, dedicate alla vita di San Giovanni Gualberto, fondatore della Congregazione vallombrosana.
GRANDE CICLO NEL MASSACHUSSETS:
LA CHIESA DELLA TRASFIGURAZIONE A CAPE COD, ORLEANS
Il ciclo di affreschi nella Church of the Transfiguration identifica l’opera più imponente del Maestro. L’impegno richiesto anche per la preparazione è infatti notevole. Nello studio di Firenze, dapprima viene realizzato un bozzetto d’insieme e poi i disegni di ogni singolo personaggio sia a figura intera sia con i particolari (volto, mani ecc.). Quando tutti gli studi preparatori sono pronti, il Maestro si reca sul luogo ed inizia l’affresco vero e proprio dapprima con lo spolvero del cartone d’insieme che, una volta bucato, viene sporcato con polvere colorata e battuto direttamente sul muro per disegnare una traccia d’insieme. Poi giorno per giorno viene decisa la tagliata che altro non è che il pezzo di intonaco detto velo sul quale verrà dipinto direttamente con pigmenti naturali che si incorporano nel muro stesso. Questo grande ciclo pittorico si compone di 13 pannelli (della misura di cm. 390 x 270 ciascuno) per ogni navata che raffigurano alternativamente scene della vita di Gesù e scene dei Beati. Al di sotto di questi e sopra le colonne si trovano le vele 12 anch’esse affrescate che raffigurano personaggi biblici.
RITRATTI
Tra i ritratti, quello del Prof. Cooley di Houston, del Cardinale Stickler (bibliotecario del Vaticano), e soprattutto quello del Santo Padre Giovanni Paolo II. Nei lapis e nelle sanguigne emergono le sue doti di raffinato disegnatore; l’esclusività della tecnica della tempera grassa è l’eredità più peculiare e prestigiosa del Maestro Annigoni (che a sua volta riusciva ad ottenere quegli straordinari effetti di “velatura” riscontrabili anche nelle opere del Pistolesi, utilizzando un’antica ricetta rinascimentale che egli stesso aveva riscoperto) insieme agli affreschi, tecnica tanto affascinante quanto complessa, e da lui privilegiata.
PISTOLESI E ANNIGONI
Silvestro Pistolesi è stato allievo del grande maestro Pietro Annigoni. Un’esperienza insuperabile. Cominciò a frequentarne lo Studio a diciotto anni dopo l’Accademia e altre scuole private. Ricorda il suo tributo alla Scuola della Signorina Nerina Simi, figlia di Filadelfo, pittore di grande spessore tra Otto e Novecento. Ma soprattutto, ricorda la severità del Maestro Annigoni, per seguire il quale era necessario un perfetto connubio di pazienza e passione. Dipingere con lui significava sacrificio, continuo labor limae, perché se è vero che la vocazione all’arte è innata, altrettanto e ancor più vero è che il risultato lo si raggiunge con tanto esercizio. Con la pazienza e la certosina dedizione degna di un monaco medievale, Pistolesi ha raggiunto il livello che possiamo constatare, anche senza necessità di essere degli specialisti. Annigoni chiamava il suo pittore ad essere “instancabile”. D’altra parte quando il fuoco della passione è acceso, bisogna continuamente dargli modo di divampare, ma anche alimentarlo correttamente, soffiare nel modo giusto e mettervi la legna giusta affinché possa durare e rendere la fiamma sempre più viva, sempre più bella. La profonda umanità è l’elemento che accomuna i due Maestri. Pistolesi racconta con nostalgia l’attenzione di Annigoni per ogni più piccolo essere del mondo, persino per la tragedia che poteva avvenire nel nido sconvolto dal vento nel cuore di un cipresso. Oppure la commozione per il tramonto, quando ad esempio tornavano dal lago di Massacciuccoli. Annigoni sentiva come Pistolesi il passare del tempo, il trascorrere della vita come un fiume. Era spesso assorto e si perdeva nei propri pensieri. Per carattere tendeva a non esprimerli direttamente, ma poi annotava nel diario che teneva ogni emozione suscitata dalla tenerezza per le piccole cose del mondo, così come per quelle grandi. L’influenza di Annigoni nella pittura è innegabile, ma più che essere stata determinata da una semplice acquisizione tecnica, sembra esser scaturita da un sentimento condiviso per la vita. Pietro Annigoni è stato un pittore romantico per sentimenti e per visione del mondo, ma la sua pittura, come quella di Pistolesi raggiunge una portata di una universalità che rifugge ogni schematismo. Un gigante della storia dell’arte, la cui grandezza è degnamente stata condivisa da Silvestro Pistolesi, non come suo epigone, ma come suo amico e anima gemella in un comune sentire.
IL PENSIERO DEL MAESTRO
Il modo migliore per concludere questa breve presentazione dell’opera di Silvestro Pistolesi, mi sembra quello di lasciare la parola al Maestro, che in modo spontaneo invita ad immergersi nel mondo della pittura, dove gli orizzonti ci lasciano gustare tramonti alla volta di una nuova alba, che con fatica e impegno, gustiamo per rimetterci al lavoro. “Le tecniche sono tutte affascinanti perché ti permettono di esprimere il tuo sentire. Certamente, per divenire padrone di esse, occorre tempo, anni e poi non esiste mai un limite. Scopri sempre qualcosa di nuovo. A volte casualmente. Spesso per le composizioni di grandi dimensioni prediligo la tempera grassa. Colori realizzati in studio con vari componenti, dai pigmenti a oli e mastici. Questa tecnica ti permette un lavoro raffinato senza limiti di tempo. Puoi lavorarci per mesi e mantenere la freschezza dell’attimo. Direi che deve prepararsi ad un sacrificio estremo, dove non manca il proprio calvario intellettivo e manuale. Deve saper affrontare con pazienza le difficoltà. È la pazienza del lungo tempo che darà i suoi frutti… se ci sono! Serve una preparazione di grande introspezione, meditazione, sofferenza e slanci di speranza, credere in se stessi e combattere con se stessi. Non mancheranno mai le battaglie con il proprio io. Umiltà e un grande amore! Apprezzare un’opera d’arte dipende dall’interiorità dell’osservatore, dalla preparazione culturale, dal saperne leggere il contesto storico con umiltà e rispetto per l’opera che troviamo dinanzi a noi”.